La ristorazione è sicuramente uno dei settori che più sta soffrendo dall’esplosione della pandemia. Ciononostante, poche voci hanno raccontato lo stato d’animo dei ristoratori senza cadere in analisi stereotipate, reazioni emotive o generalizzazioni varie. Per risolvere il problema abbiamo contattato lo chef Simone Cipriani (questo l’articolo che avevamo scritto su di lui a marzo), curiosi di ascoltare un punto di vista autorevole e mai banale. Come leggerete, non siamo rimasti delusi.
Come hai vissuto questo imprevedibile 2020?
Quando a marzo è scattato il lockdown, l’ho accettato in maniera molto serena: è stato un momento di stallo, quasi giocoso per certi versi. A molti ristoratori è servito anche per recuperare l’intimità con i propri cari e mettere in ordine le priorità della vita. Dopo qualche settimana però ho iniziato a scalpitare: il lockdown aveva bloccato il mio lavoro, ma anche la mia creatività. Fortuna ha voluto che mi trovassi in in una situazione davvero imprevedibile: confinato a casa di un amico, Nicolas, con il suo vicino videomaker, Giovanni, come unico altro “congiunto”. Le video testimonianze che avrei dovuto fare per Gambero Rosso si sono trasformate nella serie “L’Appartam3nto”.
Com’è stato tornare a Essenziale dopo il lockdown?
A giugno eravamo un po’ disorientati; con lo staff ci siamo chiesti a lungo come dovessimo riaprire e cosa fosse giusto fare. I dubbi che avevamo erano gli stessi di tanti colleghi: sulle regole, certo, ma anche sulla reazione della nostra Clientela: come potevamo aiutarli a ricostruire la loro quotidianità?
Abbiamo approfittato dell’estate per prendere le misure in vista di settembre, e nel frattempo ci siamo inventati un format: Urban Hot Spot (UHS). L’obiettivo era riabituarci al nostro spazio e recuperare le relazioni: davanti ai nostri piatti, certo, ma anche con le performance di Gaia Nanni e Letizia Fuochi, le musiche di Pietro Spinelli e le opere di Alessandro Rabatti.

Per settembre cosa avevate preparato?
Per tanti ristoratori settembre è stata la vera ripartenza, dato che la stagione estiva è sempre difficile da decifrare. Noi avevamo preparato due menù: Salvaguardia, un menù settimanale dedicato al territorio e alla stagionalità; Avanguardia, un menù al buio dove i Clienti scelgono solo cosa NON vogliono trovare.
Certo che per essere uno chef innovativo, Simone Cipriani insiste davvero molto sul concetto di “memoria”…
È un punto centrale del mio lavoro, ora più che mai. La pandemia ha portato via con sé tanti “nonnini” e questa è una perdita enorme non solo dal punto di vista umano, ma anche culturale e gastronomico.
“Non vorrei che con il tempo si perdesse il modo di cucinare dei nostri nonni”
Simone Cipriani
Ti faccio un esempio: uno dei piatti più apprezzati del menù Salvaguardia è il riso con cavoli inzuppato. Un piatto tipico della cucina povera fiorentina, che gli anziani di San Frediano facevano chiedendo il brodo avanzato al lampredottaio. Per me cucinare significa sperimentare e contaminare le ricette, ma anche tramandare questo tesoro che rischiamo di perdere.
Prima della “zona rossa” quale è stata la reazione del tuo pubblico?
A settembre abbiamo avuto un riscontro eccezionale. Poi le regole sono cambiate in maniera fulminea, e in parte inattesa: i ristoratori si sono adeguati alle normative, e questo ha comportato dei costi in termini di tempo, risorse e creatività che forse non è stato capito a pieno.
Ma non vi siete fermati…
Assolutamente. Con la chiusura serale abbiamo rilanciato la formula del brunch, che poi abbiamo dovuto abbandonare. Quindi a metà novembre abbiamo lanciato il nostro delivery, anche stavolta con due offerte diverse:
- Un’offerta popolare, fatta di piatti sfiziosi da mangiare “sporcandosi le mani”: in questo caso, la differenza la fanno le materie prime e la preparazione;
- L’offerta Be the Chef: i piatti più iconici di Essenziale da completare a casa, partire dalle preparazioni e da una mia “video lezione” scaricabile tramite QR Code.



Il trucco di Simone Cipriani quindi è non fermarsi mai?
Facendo un paragone marinaresco, direi che quando il mare è troppo calmo, la ciurma di Essenziale si annoia quasi… ma quest’anno direi che ne abbiamo passate abbastanza! Scherzi a parte, reagire in maniera propositiva è l’unica soluzione per affrontare questa incertezza.
Cosa ti manca di più della quotidianità del ristorante?
Manca il rapporto con la Clientela. Una delle caratteristiche di Essenziale sono i cuochi che portano il piatto ai Clienti: ora c’è una consegna “mascherata” che è inevitabilmente meno empatica: non è quello che vogliamo, ma d’altronde “Se la vita ti dà limoni, vorrà dire che faremo le limonate”.
Dici spesso che il futuro sarà diverso da come lo immaginavamo. Come cambierà la ristorazione?
Chi ha puntato sulla qualità dell’offerta e il rapporto con i Clienti ha un vantaggio enorme rispetto alla ristorazione fast, più attenta alla quantità che non alla qualità. La speranza è che il processo di ricostruzione sia veloce, perché tutti – imprenditori e lavoratori – possano avere qualche sicurezza in più.
Grazie mille Simone. Per chiudere, posso chiederti una “ricetta” per la ristorazione post-Covid? Da quali valori, secondo te, dovremmo ripartire?
Al primo posto la salvaguardia di cui parlavamo prima: recuperare e tramandare le storie e i segreti culinari delle persone, per custodire e rinnovare questo patrimonio. A seguire ci metto la condivisione, che è altrettanto difficile: in San Frediano stiamo provando a fare rete tra realtà diverse, come il MAD, il Diorama e molti altri. Del resto, le proposte di qualità emergono sempre, soprattutto se fanno rete.
“La concorrenza è un concetto superato. Alla base dell’evoluzione c’è la differenziazione”
SIMONE CIPRIANI