Le sfide della fotografia still life per le bottiglie di vino
Fotografare una bottiglia di vino vuol dire avere a che fare con elementi materici molto diversi tra loro, come ad esempio il liquido contenuto, il vetro della bottiglia, la carta dell’etichetta. La luce riflette in modo differente sui vari materiali ed è necessario bilanciare gli effetti che ne risultano.
La parte tecnica: come gestire la luce sugli elementi materici della bottiglia
Solitamente, la fotografia still life è realizzata in studio per gestire più facilmente luci, riflessi e ombre, rendendoli più morbidi o accentuandone i contrasti. Ma a noi piacciono le sfide e vi mostreremo alcuni esempi di come uno shooting in esterna sia un modo altrettanto valido per valorizzare la fotografia delle bottiglie nel loro contesto autentico.
La post produzione per ottimizzare lo scatto
La post produzione ha come scopo affinare il lavoro sullo scatto per avvicinarsi all’immagine ideale che stiamo cercando. Uno scatto fotografico è emozione, è un gioco di luci e riflessi, ma è anche tecnica e precisione. Post produrre non vuol dire “allontanarsi dalla realtà”, ma dare valore a particolari che i semplici giochi di luce e colori non potrebbero valorizzare fino in fondo.
A volte in uno scatto si vuole valorizzare il brand più che il vino stesso: una tecnica per farlo è inserire la bottiglia in un contesto che parli dei valori del marchio. Un’altra possibilità offerta dalla post produzione è comunicare idee astratte, collocando la bottiglia in un contesto concettuale, come vedremo più avanti.

La sfida narrativa: come creare una storia in uno scatto
Lo scatto fotografico di una bottiglia di vino non è mai fine a se stesso; oltre all’estetica deve essere in grado di raccontare una storia. Parliamo spesso di storytelling perché riteniamo che la narrazione sia la chiave fondamentale per il successo di una strategia di comunicazione. Fotografare una bottiglia significa trasmettere l’identità del marchio e al contempo raccontare le qualità del vino stesso, evocando una serie di emozioni che anticipano la degustazione. Due elementi sono fondamentali: il modo in cui si ritrae la bottiglia di vino e il contesto in cui la collochiamo.
Come ritrarre una bottiglia di vino
Decidere come fotografare la bottiglia è una scelta strategica che determina il linguaggio visivo dello shooting e incide profondamente sulla percezione che il pubblico avrà del prodotto. Bisogna quindi stabilire con sicurezza il luogo, la luce e il peso specifico che vogliamo attribuire al brand e al contesto.
Alcune campagne decidono di mettere al centro la bottiglia, come fosse l’eroe protagonista di un action movie; sempre più spesso si opta per una narrazione corale, in cui sono presenti altri elementi evocativi (i sentori del vino, le mappe o le illustrazioni del luogo in cui lo si coltiva, etc.); in altri casi ancora è lo scenario a fare da protagonista, e l’obiettivo diventa comunicare il profondo legame che esiste tra la bottiglia e il contesto di riferimento (l’immaginario del Made in Italy, le situazioni conviviali di cui fa parte, etc.).
Come contestualizzare il set
La bottiglia di vino, oltre ad interagire con l’ambiente scelto, spesso viene accostata ad oggetti ed elementi evocativi ed emozionali. Questi particolari possono richiamare i valori del brand o le caratteristiche del prodotto, impreziosiscono lo scatto e definiscono la cornice entro cui si colloca il brand. Nel corso di questo articolo porteremo diversi esempi di come nascono e vengono applicate alcune di queste tecniche.
Fotografare una bottiglia di vino biodinamico: 1701 Franciacorta
1701 è la prima cantina della Franciacorta ad aver abbracciato la biodinamica: i tempi della terra, i cicli della luna e un rapporto sinergico con la flora e la fauna, sono alla base di un approccio filosofico, ancor prima che agronomico. Le etichette della linea 1701 illustrano alcune pratiche della biodinamica che abbiamo voluto raccontare anche attraverso la fotografia.
Per un vino così legato a un territorio e a una filosofia, abbiamo pensato a scatti in esterna anziché a un set in studio. Abbiamo voluto scattare in vigna, usando la luce naturale e il contrasto con i colori della terra stessa: un processo più complicato, in quanto la luce naturale, spesso troppo diretta, rischia di creare sul vetro effetti troppo intensi.









- Brut nature: micorrizazione
La micorrizzazione è l’associazione tra alcuni funghi e le radici delle piante. Si tratta di un rapporto simbiotico, diffusissimo in natura, che permette alla vite di assorbire gli elementi nutritivi del terreno, donando in cambio zuccheri, proteine e vitamine ai funghi. Fotografare una microscopica rete sotterranea di funghi e muffe in mezzo al terreno micorrizzato richiama il profondo legame tra agricoltura biodinamica, terra e lavoro dell’uomo.
- Rosé: cornoletame
Per raccontare il vino rosé abbiamo scelto una delle pratiche più note della biodinamica. Un corno di vacca viene riempito di letame e sotterrato per tutto l’inverno; all’arrivo della primavera si sarà creato un concentrato di humus dalle eccezionali capacità fertilizzanti e nutritive.
- Satèn: silicio
Il “preparato da spruzzo” della biodinamica si prepara frantumando e setacciando cristalli di quarzo; dopo 6 mesi sotto terra, la polvere di cristallo viene mescolata ad acqua dinamizzata e nebulizzata sui vigneti per per potenziare la fotosintesi e rinvigorire le foglie della vite. Le foto di Andrea Conti mostrano i cristalli accanto alla bottiglia di satèn, a ricordare il rapporto causale tra il preparato iniziale e il vino prodotto da 1701.
Il concetto biodinamico in un set astratto e concettuale
Gli scatti delle bottiglia di 1701 spiegano la post produzione possa esaltare i valori di una produzione vitivinicola come quella biodinamica. Sulle etichette di questi vini abbiamo illustrato le stesse tecniche della biodinamica ritratte nelle fotografie: abbiamo realizzato gli scatti su uno sfondo colorato neutro, piatto, così da inserire in post produzione l’illustrazione dell’etichetta e creare un contrasto tra elementi reali e grafici. Questa soluzione riduce al minimo i dettagli esterni al concept e collega immediatamente i valori del brand alla bottiglia di vino che il consumatore potrà acquistare: il set design diviene un manifesto filosofico, quasi un mind setting o il design di un pensiero.
Fotografare una bottiglia di vino a tavola: Vignamaggio
Degustare il vino con una fotografia
Nella nostra collaborazione con Vignamaggio abbiamo realizzato vari shooting, ognuno dei quali voleva rispondere a un concept diverso. In alcuni casi abbiamo esaltato l’autenticità del vino, creando una connessione emotiva tra le atmosfere estive e la freschezza di Vignamaggio; negli scatti alla bottiglia abbiamo invece presentato la struttura del vino evocandone odore, sapore e proprietà organolettiche.









Le proprietà del vino: l’esperienza della sostanza
Questi scatti vogliono evocare tutti i riferimenti sensoriali attribuiti a ogni vino attraverso un’immaginaria tavolozza che restituisce il loro profumo e il loro gusto. Il protagonista non è più il brand, ma il prodotto, che viene messo al centro dello scatto e valorizzato con gli elementi di contorno che fanno pregustare a chi osserva l’assaggio. Le note di frutti rossi del Terre di Prenzano, i sentori di erbe aromatiche lievemente pungenti del Cabernet Franc, il profumo di liquirizia del Gran Selezione Monna Lisa diventano cornici capaci di creare una composizione colorata e espressiva e generare un racconto multisensoriale in cui catapultare l’utente.
Fotografare una bottiglia di vino nel contesto storico: Badia a Coltibuono
I vini di Badia sono parte di una storia che ha inizio nel 1051, quando i frati vallombrosani costruiscono le cantine che ancora oggi custodiscono silenziosamente queste preziose bottiglie. Inevitabile utilizzare la location dell’abbazia per raccontare questo secolare legame tra vino, storia e territorio; la luce solare si proietta dalle finestre dell’antica biblioteca sulle bottiglie di Badia a Coltibuono, dando alle fotografie still life un significato coerente con lo storytelling.









Il legno di sfondo e i libri della biblioteca creano un’atmosfera classica e calda, quasi come se il tempo si fosse fermato; allo stesso tempo sono testimoni della millenaria storia che lega i frati al territorio di Coltibuono. Alcuni dei volumi fotografati contengono l’evoluzione architettonica della Badia: queste testimonianze ci hanno permesso di costruire un gioco di rimandi tra l’abbazia illustrata sulle etichette e i disegni amanuensi che raffigurano il complesso.
Fotografare una bottiglia portando il territorio in studio: Aquilaia
Tenuta Aquilaia è una giovane azienda vitivinicola di Scansano; nata in un territorio che ancora custodisce paesaggi, colture e culture di epoca etrusca, il brand Aquilaia ha costruito la sua narrazione proprio intorno alla storia del territorio. I vitigni autoctoni sono gli stessi che le popolazioni etrusche coltivavano oltre 2000 anni fa; lo stortytelling e il payoff richiamano i riti degli antichi auspici, che utilizzavano il volo degli uccelli per divinare il futuro.
Per raccontare anche attraverso le foto questo profondo legame tra vino e territorio, abbiamo voluto portare in studio la terra delle vigne di Aquilaia. Abbiamo creato uno sfondo naturale e neutro, autentico e ruvido, capace di contrastare con le tinte potenti delle etichette, anch’esse ispirate a colori minerali, ossidi e terre; un riferimento cromatico alle tinte usate sulle pareti affrescate nelle necropoli e sulle antefisse dei templi. Uno scatto che sembra fatto in esterna, ma che porta con sè l’illuminazione tecnica di un accurato lavoro in studio.









Un approccio di storytelling allo scatto di una bottiglia che è il manifesto di un brand dal carattere naturale e divinatorio, nel rispetto di quello che il terroir geologico locale regala, insieme all’eredità culturale enologica che gli etruschi ci hanno lasciato.
Fotografare una bottiglia di vino in studio: Prile
Mappare l’etichetta e raccontare un territorio
L’etichetta di Prelius riproduce il territorio dove l’azienda coltiva il suo vino più prestigioso: una zona della Maremma particolarmente fertile, sviluppatasi dopo il progressivo ritirarsi di un lago. Dopo aver recuperato da un atlante del 1570 l’antica morfologia della zona, l’abbiamo riprodotta sull’etichetta utilizzando tecniche di stampa in oro e rilievo in lamina. A livello fotografico, valorizzare un lavoro di questo tipo ha richiesto un set da studio particolare, che esaltasse le incisioni sull’etichetta e il testo dorato sulla capsula. La sfida, infatti, era bilanciare la luce in modo che accentuasse la superficie nera opaca dall’etichetta e i caratteri in oro che avrebbero potuto rifletterla; inoltre dovevamo dare importanza alle scritte, che per quanto piccole sono una parte fondamentale della narrazione dell’etichetta.
La luce naturale sarebbe stata troppo intensa per questo tipo di scatti, quindi abbiamo scelto di realizzarle in studio, dove può essere calibrata esaltando le nobilitazioni di stampa anziché appiattirle. Le foto sono state realizzate con una luce molto delicata, quasi assente, e post prodotte per accentuare gli effetti ottenuti. Questo mood sottolinea le nobilitazioni di stampa e la preziosità del prodotto, narrato quasi come un gioiello o un lavoro di oreficeria, collocato in una vetrina o una scatola di velluto nero.








